Egidio Maschio e la Trappola del Fondatore

calendar 2015-06-27

E’ Mercoledì pomeriggio, mi sto preparando per un incontro delicato con un imprenditore sessantenne, fondatore della sua impresa e capace ancora di pensare a futuri di sviluppo tanto ambiziosi. Internet mi rimbalza la notizia di Egidio Maschio un imprenditore che si toglie la vita all’alba, a 73 anni, poche settimane dopo aver fatto un passo indietro e aver ceduto la gestione dell’azienda a due manager esterni, forse voluti dalle banche per mettere in sicurezza una impresa cresciuta tanto anche in anni di crisi ma un po’ troppo indebitata.

A seconda delle nostre convinzioni e di quanto conosciamo il caso, possiamo parlare dei mali della politica, delle banche, degli imprenditori, della globalizzazione…

Forse un po’ tutto vero. Mi viene però da pensare anche che la Trappola del Fondatore ha mietuto un’altra vittima.

Il Ciclo di Vita delle Imprese di Adizes ce lo spiega molto bene. Dopo aver fondato l’impresa e aver superato gli scogli dell’infanzia in cui lotti per far sopravvivere la tua nuova creatura, si apre una stagione entusiasmante per tanti imprenditori.

È la stagione che Adizes chiama go-go. Non c’è una vera organizzazione e una vera delega, l’imprenditore ha molti collaboratori ma è al centro dell’organizzazione che ha una forma a stella, lui al centro e tutti intorno. Una grande flessibilità e velocità di decisione che gli permette di cogliere al volo le opportunità, che gli permette di risolvere problemi altrimenti irrisolvibili. Peccato che il problema diventi proprio la centralità del suo ruolo. Da una parte l’organizzazione senza il perno dell’imprenditore rischia di afflosciarsi come un soufflé mal lievitato, dall’altra l’imprenditore rischia di perdere il contatto con la realtà e non saper o voler lasciare.

Si apre un periodo critico, quello che vorrebbe un imprenditore capace di aprire alla delega e alla strutturazione, da un lato passando dal controllo diretto al controllo indiretto fatto di un sistema regolato, dall’altro da una imprenditorialità assoluta ma accentrata nel fondatore ad una imprenditorialità relativa ma distribuita nell’organizzazione.

Non è facile, l’imprenditore tante volte vorrebbe la botte piena e la moglie ubriaca: vorrebbe manager che strutturino l’azienda e vorrebbe continuare a gestire l’azienda come prima, al di sopra delle regole che vorrebbe che l’azienda adottasse, minando alla base la tenuta del progetto. E allora poi si apre la crisi con il manager inserito per strutturare l’impresa. O il manager è troppo debole e si adegua all’estro dell’imprenditore, venendo però criticato per non aver realizzato quanto previsto, o è troppo forte andando così in conflitto con l’imprenditore e finendo spesso per essere rigettato dall’organizzazione.

È un tema delicato e di sistema, non è mai una responsabilità solo di una parte, è una evoluzione di equilibri che va accompagnata e spiegata perché venga compresa e gestita.

Ecco, ho come l’impressione che quello che abbiamo vissuto in questi giorni con Egidio Maschio non sia il dramma di una impresa in crisi, sia piuttosto il dramma di una evoluzione dell’organizzazione che l’imprenditore ha subito e non accettato, perdendo un ruolo che troppo fondava la sua identità personale senza avere il tempo o forse la capacità di elaborare l’accettazione del limite e la consapevolezza di una nuova stagione in cui lasciare la presa operativa per una guida più indiretta ma forse più alta.

Tornando al mio imprenditore sessantenne e a quello che noi facciamo con e per le imprese di famiglia, vorrei proprio che tanti imprenditori-fondatori sappiano che c’è chi sa riconoscere le loro fatiche e le loro sfide, che si possono confrontare per un cammino che li aiuti a lasciar andare, a capire che la vita non è solo il lavoro e che l’identità non è solo il ruolo. Che il nostro valore non si misura con il nostro potere. Ma anzi, vorrei vederli orgogliosi di dare senso al loro fare lasciando andare la loro creatura perché continui anche dopo di loro. Con i loro figli, con i loro manager, con chi sa raccogliere l’eredità, senza cadere in una meccanica ripetizione del genio del fondatore, ma valorizzando la tradizione per andare oltre e indirizzare l’organizzazione verso un nuovo futuro.

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